Il solstizio estivo è il tempo balsamico di molte erbe officinali che, secondo le tradizioni popolari, se raccolte fra il tramonto del 23 e il mezzogiorno del 24, sono al picco della loro potenza e sono anche arricchite da un pizzico di magia. Ecco perché ci sono così tante tradizioni in cui le erbe sono protagoniste! Se vuoi raccoglierle per le tue preparazioni erboristiche e magiche, puoi seguire questi semplici consigli. In questo articolo andremo a conoscere alcune erbe che hanno un ruolo speciale nella tradizione popolare: la ruta, l’alloro e l’iperico, ingredienti immancabili nel tuo calderone del Solstizio.
La ruta, un'importantissima "erba cacciadiavoli"
Nel Rinascimento la ruta era chiamata Herba de fuga demonis; già Aristotele ne raccomandava l’uso contro gli spiriti e per sciogliere gli incantesimi, mentre nel Medioevo si mettevano corone di ruta sulle tombe per allontanare gli spiriti maligni e fino al secolo scorso era usata negli esorcismi, probabilmente grazie alla forma a croce dei petali dei suoi fiori, e si usava anche contro le forme isteriche. In Abruzzo si cucivano foglie di ruta, meglio ancora se quelle su cui una farfalla aveva deposto le uova, in un borsellino, per protezione, e in Toscana la si usava contro il malocchio. In Cina si usa ancora oggi per febbri, convulsioni infantili e morsi di serpente, di scorpione, di ragno, di ape, vespa o calabrone e pare sia efficace anche in caso di morso di cane rabbioso. Si dice anche che chi porta su di sé la ruta non verrà attaccato da questi animali.
In un testo della Scuola Salernitana si legge: “giova la ruta agli occhi, fa la vista assai acuta e scaccia la caligine. Nell’uom Venere affredda e nella Donna assai l’accende, e fa l’ingegno astuto. E affinché non vi dian le pulci tedio ella, o donne, è un ottimo rimedio.”
In erboristeria si usa per le sue proprietà emmenagoghe (favorisce le mestruazioni), antispasmodiche, intestinali, ma attenzione: a dosi elevate può essere tossica e abortiva.
Le sono attribuite diverse virtù magiche ed è considerata un potente portafortuna: forse avrai sentito parlare della “cimaruta”, un ciondolo della tradizione popolare soprattutto dell’Italia meridionale, che si ritiene derivi addirittura dall’epoca degli etruschi. È realizzato in genere in argento, e rappresenta proprio un ramoscello di ruta appeso a testa in giù, fra le cui cime, divise in tre steli che raffigurano la Triplice Dea, si possono distinguere ulteriori simboli apotropaici:
- la chiave, simbolo della dea Ecate, custode dei crocevia – a cui rivolgersi nei momenti critici della nostra vita;
- una testa di gallo, simbolo della potenza solare, di vittoria e di risveglio;
- la falce di luna, che rappresenta la dea della notte e il divino femminile
- il pesce, simbolo dell’acqua da cui proviene la vita e che porta vitalità e prosperità
- la rana, animale anfibio e liminale, venerato come sacro fin dai tempi più remoti.
Se hai una pianta di ruta nel tuo giardino, potresti raccoglierne un rametto alla vigilia di San Giovanni e tenerlo sempre con te per tutto l’anno, cucito in un sacchettino, pressato fra le pagine del tuo diario o appeso nel luogo in cui trascorri più tempo ogni giorno, per tenere lontana la sfortuna: come dice un vecchio proverbio salentino, la ruta ogni male stuta (spegne).
L'alloro, la pianta sacra al dio Sole
L’alloro è una pianta sempreverde, spesso coltivata in vaso o come arbusto, con foglie verde scuro lanceolate e coriacee, molto aromatiche e usate come condimento in cucina; piccoli fiori gialli e bacche nere e lucenti. Fai attenzione a non confondere l’alloro con il lauroceraso, una pianta simile le cui foglie però sono velenose!
Oltre che in cucina, l’alloro è usato per le sue proprietà antisettiche, antispasmodiche, antireumatiche, espettoranti, digestive ed equilibranti del sistema nervoso centrale. In erboristeria si usa prevalentemente in caso di coliche e disturbi allo stomaco, come aperitivo (stimolante dell’appetito), per favorire la digestione e in caso di meteorismo e fermentazione intestinale. In caso di febbre e tosse è utile per la sua azione diaforetica (stimola la sudorazione) ed espettorante. Il suo oleolito e l’olio essenziale si possono usare per massaggi in caso di artrite, reumatismi e dolori articolari, ma anche in caso di pelle grassa, acne, caduta dei capelli e per allontanare gli insetti.
È una pianta maschile, appartenente all’archetipo Sole e all’elemento Fuoco, infatti per i Greci era consacrato ad Apollo, il dio del sole, e associato alla ninfa Dafne (il nome greco dell’alloro). Ovidio racconta che Dafne era una ninfa del seguito di Artemide, che prediligeva la vita libera nei boschi al ruolo di sposa, rifiutando tutti i suoi pretendenti. Un giorno Eros, il dio dell’amore, per vendicarsi di uno scherzo colpì Apollo con una freccia d’oro, di modo che questi si innamorò di Dafne la quale invece venne colpita da una freccia di piombo, restando così insensibile alle profferte del dio. Apollo iniziò a rincorrerla ma, un attimo prima di essere raggiunta, la ninfa invocò suo padre, il fiume Peneo, che per salvarla la trasformò in una pianta di alloro. Apollo allora decise di farne, se non la sua sposa, la sua pianta prediletta.
Nel tempio di Apollo a Delfi la Pizia, la sacerdotessa del dio, masticava foglie di alloro per favorire la trance divinatoria. Anticamente Apollo era detto il dio che “sa quel che sarà, che fu e che è”; di conseguenza all’alloro venivano attribuite proprietà psicotrope, ovvero che agiscono sulle funzioni psichiche, e si bruciavano i suoi rami per favorire le visioni. Per lo stesso motivo intorno ai templi si piantavano alberi di alloro.
L’alloro era anche protagonista di molti rituali religiosi di purificazione e iniziazione. Gli antichi medici prescrivevano spesso ai loro pazienti di passeggiare fra alberi di alloro, toccando le foglie e respirando profondamente per colmarsi del profumo vivificante e dell’energia solare e salutare.
Apollo era anche il maestro delle arti e delle Muse, che erano raffigurate con un ramoscello di alloro in mano; questa pianta era anche simbolo di vittoria, per questo nell’antica Roma si incoronavano di alloro i generali vittoriosi. Oggi la laurea (dal nome latino dell’alloro, laurus) è il massimo riconoscimento al termine degli studi universitari, e infatti si usa incoronare i neolaureati con ghirlande di alloro.
Durante le epidemie medievali si credeva che il fumo ottenuto bruciando l’alloro potesse fermare le pestilenze e purificare ciò che era infetto. Un rimedio seicentesco per i giovani malaticci consisteva nello strofinarsi le mani e i polsi con foglie d’alloro, sotto il sole di mezzogiorno, e anche in Oriente c’è l’usanza di massaggiare la schiena con olio di alloro per rinforzare il sistema nervoso.
Si dice che tenere foglie di alloro sotto il cuscino provochi sogni profetici; si possono portare con sé rametti per proteggersi dal male, oppure appenderli in casa, a porte e finestre.
Per tenere lontane le malattie si deve piantare una pianta di alloro davanti a casa, e per far durare un amore la coppia deve staccare un ramoscello di alloro, dividerlo in due e tenere ciascuno la sua metà. Se si scrive un desiderio su una foglia di alloro e la si brucia, il desiderio si avvererà e per proteggersi dalla sfortuna basta tenerne una foglia in bocca.
L'iperico, l'erba di San Giovanni per eccellenza
L’iperico è talmente legato ai giorni del Solstizio estivo da chiamarsi anche “erba di San Giovanni”. È una pianta dal fusto eretto, legnoso e ramificato, con foglie ovali picchiettate da minuscole vescichette trasparenti, piene di essenza, che in controluce sembrano forellini (da qui il binomiale “perforatum” e il nome francese “millepertuis“, ovvero “mille buchi”). I fiori sono color giallo intenso, le foglie e le sommità fiorite si raccolgono in estate, ritualmente il 23 o il 24 giugno.
La pianta contiene olio essenziale e tannino. Ha proprietà antiflogistiche, vulnerarie, astringenti ed emmenagoghe.
Tradizionalmente si usa come infuso, vino, tintura, unguento espettorante per forme asmatiche, ma soprattutto per ricavare un oleolito dal caratteristico colore rosso, da usare per massaggi in caso di sciatica, reumatismi, artrite, scottature, infiammazioni cutanee.
Con i fiori e le foglie dell’iperico si può anche ricavare un cataplasma che favorisce la cicatrizzazione di piaghe e piccole ferite. La sua tintura madre aiuta a placare stati d’ansia, insonnia e depressione (non patologica). Attenzione però: la pianta entra in conflitto con la pillola anticoncezionale, annullandone l’efficacia.
Sono moltissime le leggende legate a questa pianta. Non solo le sue proprietà aumentano se viene colto nella notte di mezz’estate, ma si diceva che portandolo con sé si era protetti dalle streghe che, proprio questa notte, si danno convegno un po’ovunque. In più il suo succo rosso era chiamato “sangue di san Giovanni”. Secondo Ippocrate e Dioscoride, grandi medici e naturalisti dell’antichità, il suo nome greco significa “al di sopra”, per simboleggiare il fatto che fosse più forte delle apparizioni dell’oltretomba. Per questo motivo, oltre che per il fatto che cura le ustioni, un altro dei suoi nomi è “scaccia diavoli”: nel medioevo si usava proprio per espellere i demoni dalle persone possedute.
Se raccogli dell’iperico a San Giovanni, puoi appenderne dei mazzetti alle finestre e alle porte di casa per impedire agli spiriti maligni di entrare. L’iperico è molto usato nei rituali di purificazione, sia nelle fumigazioni che nei bagni o come tisana. Se lo raccogli proprio alla vigilia di San Giovanni oppure di venerdì, tiene lontana la malinconia.
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